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L’attesa del 9 maggio, ma forse è solo un’illusione…

Aprile 21, 20220
Le date simboliche esistono. Per gli esseri umani, ma anche per le Nazioni. Anzi, le date simboliche per le Nazioni contano di più. Perché sono l’occasione per rinsaldare lo spirito patriottico. Sono un po’ retoriche, è ovvio, ma psicologicamente fondamentali per costruire una narrazione positiva della propria storia. Si celebrano le vittorie, naturalmente, non le sconfitte. E il prossimo 9 maggio in Russia si celebra la vittoria contro la Germania nella seconda guerra mondiale.
La resa incondizionata tedesca, morto suicida Hitler il 30 aprile, avvenne in due tappe. Alle 2 e 41 della notte del 7 maggio 1945, autorizzato dal presidente tedesco nominato per testamento dal Führer, l’ammiraglio Karl Dönitz, il generale Alfred Jodl firma a Reims, in Francia, la resa con gli Alleati. Il giorno dopo, a Berlino, il feldmaresciallo Wilhelm Keitel firma a sua volta la resa con l’Unione Sovietica. Era tarda sera. Per la differenza di fuso orario a Mosca era già il 9 maggio.
Anche la differenza di data ha, in fondo, un suo valore simbolico. Sovietici e Alleati occidentali avevano combattuto due guerre parallele, per quanto coordinate. Ma il 24 agosto del 1939 Germania e URSS avevano sottoscritto il patto di non aggressione Ribbentrop-Molotov. Il primo settembre i tedeschi invadevano la Polonia da Ovest, il 17 settembre i russi la invadevano da Est. Poi occidentali e sovietici si ritrovarono alleati.
Dunque nell’Unione Sovietica il Giorno della Vittoria fu fissato il 9 maggio. E celebrato con grande enfasi nella Piazza Rossa dal 1965. Con l’implosione dell’URSS cadde in disuso, ma proprio Putin lo fece tornare in auge nel 2005. Una data forte, patriottica, serviva per allontanare nei russi la sindrome da catastrofe.
Per questo gli analisti ipotizzano che la guerra russo-ucraina – termine mai usato a Mosca – possa terminare a ridosso del 9 maggio. Putin potrebbe festeggiare la vittoria nel Giorno della Vittoria, ovviamente sorvolando sul fatto che l’Urss nel 1941 era l’aggredita, mentre la Russia oggi è l’aggressore. Un successo che consoliderebbe la sua popolarità, il suo carisma. Il suo problema è se per quel giorno sarà credibilmente in condizione di proclamarsi vincitore. Al di là della paradossale “denazificazione” dell’Ucraina, Putin non ha mai dichiara quali fossero i suoi obiettivi politico-militari. Se erano l’occupazione dell’intera Ucraina, sono falliti. Il Giorno della Vittoria non gli servirebbe, se non per celebrare le glorie passate. E la guerra potrebbe continuare strisciante, per anni.
Se invece fosse in grado di dichiarare a posteriori che gli obiettivi erano solo la protezione dei russofoni del Donbass – non certo le ricchezze della regione – e il controllo totale del Mar d’Azov, allora la simbologia avrebbe un senso. Ma sono, per ora, solo illazioni, ragionamenti. Più che di una notizia hanno il sapore di una speranza, forse di un’illusione. Nonostante la vicesindaca di Mariupol, nominata dai russi, Viktoria Kalachova, abbia assicurato che una grande parata della Vittoria si terrà il 9 maggio proprio nella sua città martoriata. <Avverrà senza alcun dubbio. La popolazione di Mariupol – ha azzardato – aspetta questo evento>. Potrebbe essere un segnale. Ma Zelenky ha ribattuto subito <Penso che sia un grande errore>. Provocazione per provocazione, ha rilanciato chiedendo che i negoziati con Mosca
riprendano proprio a Mariupol.
In fondo, per quanto doloroso, se il conflitto si esaurisse in quella data, l’Ucraina avrebbe perduto una parte molto importante del suo territorio, ma avrebbe salvato l’accesso al mare da Odessa. Sarebbe ridimensionata politicamente ed economicamente, ma non distrutta, né resa vassalla. Poi, il suo futuro sarebbe tutto da scrivere, nel quadro di un’integrazione nell’Unione Europea, se non nella Nato. A oggi, possiamo solo sperare che la simbologia del 9 maggio conti sul serio qualcosa per Putin. E che sia nelle condizioni di usarla senza ripercussioni negative all’interno. Ma darlo come probabile sarebbe azzardato. Mancano 18 giorni. L’invasione è cominciata da 49, e continuano a parlare le armi. Mentre Putin è convinto che aver testato il missile balistico Sarmat <Farà riflettere chi ci minaccia>. I ragionamenti restano fluidi.

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