Di grande interesse è anche la pubblicazione di un discorso che Giulio Bergmann avrebbe dovuto pronunciare nel 1956 sull’ingresso dell’Italia nell’Onu. Avvocato e giurista, sfuggito alle leggi razziali, e rientrato a Milano dopo la guerra, Bergmann <prese ad occuparsi attivamente – scrive il curatore Matteo Antonio Napolitano -, al fianco di Ferruccio Parri e di altri protagonisti della scena politica, della ricostruzione italiana, da inserire nel solco delle nuove tendenze internazionali e sulla strada del radicamento democratico-liberale. Le battaglie vere e proprie iniziarono dalla Consulta nazionale per culminare in Senato con il Partito repubblicano e nelle nascenti istituzioni europee: l’Assemblea consultiva del Consiglio d’Europa e l’Assemblea ad hoc. L’europeismo fu un punto fermo dell’azione politica di Bergmann, già dal 1943-45. L’Europa doveva costituire, nell’acceso clima del bipolarismo, un terzo polo indipendente e autonomo sia da Washington che da Mosca, un polo capace di fornire stabilità dopo le divisioni e le violenze del secondo conflitto mondiale. All’organizzazione politica e istituzionale di matrice federalista doveva corrispondere un mercato integrato, privo di barriere protezionistiche e foriero di una sana competizione che fosse in grado di supportare e garantire prosperità, tramite l’insieme, a tutti i membri>. Bergmann morì il 5 marzo 1956, nel corso di una occasione pubblica, <precisamente le celebrazioni per l’ingresso dell’Italia nell’ONU, che si stavano tenendo quel pomeriggio a Palazzo Clerici, nella sede dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI)>. <Grazie alle carte dell’archivio storico dell’ISPI – spiega Napolitano – e all’impegno nel reperirle da parte di Paolo Andrea Bergmann – nipote dell’avvocato repubblicano –, ci restituiscono le parole che Giulio Bergmann aveva predisposto per l’intervento conclusivo di quella serata e che non riuscì mai a pronunciare. In realtà, il senatore lombardo – in qualità di presidente della sezione milanese della Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale (SIOI) – aveva in programma due discorsi, il primo, introduttivo, venne regolarmente presentato alla platea dei presenti. Con la forza e la sicurezza dell’esperienza istituzionale maturata negli anni, Bergmann aveva redatto anche un secondo discorso, di natura conclusiva, nel quale erano presenti tutti gli elementi cardine della sua formazione politica: la necessità per l’Italia ricostruita di inserirsi a pieno titolo nei grandi consessi internazionali, riconoscendo l’opera di quanti spesero le loro migliori energie a tale scopo – richiamò, tra gli altri, Carlo Sforza e Alcide De Gasperi–; il monito nei confronti del rafforzamento unitario dell’Europa, non solo in senso economico, da rendere “terzo polo”, affiancato agli USA e al Commonwealth e pienamente autonomo rispetto alla competizione bipolare; e, non ultimo, l’approccio pragmatico del giurista che non voleva vedere ripetuti gli errori già commessi con la Società delle Nazioni nel primo dopoguerra, periodo vissuto da Bergmann con profonda partecipazione e consapevolezza>. A un’attenta lettura, il riscorso mai pronunciato presenta elementi di grande attualità.
A cura di Cristina Baldassini, la rivista pubblica anche un interessante inedito del professore e collaboratore del “Corriere della Sera” Vittorio Beonio-Brocchieri. Si tratta della “relazione sul viaggio compiuto tra comunità di italiani all’estero negli Stati Uniti, nelle Antille, nella Nuova Zelanda, nell’Australia”. La relazione, che riguarda soprattutto gli italiani residenti in quei paesi, frutto di un lungo viaggio nel primo semestre del 1937, fu trasmessa a Mussolini.
Negli Annali, anche gli atti del convegno Dante nella storia politica del Novecento italiano, tenutosi nel dicembre del 2021, con interventi di Fulvio Conti, Simonetta Bartolini, Matteo Antonio Napolitano, Rodolfo Sideri e Alessandra Cavaterra. Infine, accanto ad altri saggi e recensioni, una mia memoria sulla cultura della destra italiana negli anni Settanta (L’enigma Almirante).