Caro Giuseppe, ricordo bene quel giorno del 1986 a Via Genova. Era un pomeriggio, e l’amico Gaetano Rasi ci presentò. Giuseppe, disse, si occupa della Fondazione, tu dell’Istituto. Nacque un’amicizia, cementata da una condivisione del modo di vedere il mondo e la cultura, e dalla passione per la storia. Quante ne abbiamo fatte insieme. Quante ce ne siamo inventate. Quante volte siamo riusciti a “salvare la baracca”, fino a farla diventare – soprattutto grazie a te – quello che è oggi, una Fondazione stimata da tutti. E grazie a te avrebbe raggiunto ancora grandi traguardi.
Quante volte ci siamo sostenuti e aiutati. Quante volte ci siamo chiesti reciprocamente “che ne pensi?, “conosci quel libro?”, “hai visto quelle carte in archivio?” Mestieri diversi, per fortuna nessuna concorrenza. Identica la dedizione per la Fondazione Ugo Spirito, che poi abbiamo deciso di dedicare anche alla memoria di Renzo De Felice.
Quanti aneddoti – pezzi di vita – avremmo potuto ancora raccontarci. Ma ci hai lasciato così, orfani delle tue idee, delle tue intuizione, della tua capacità di realizzarle.
Ci siamo sentiti pochi giorni fa, al telefono. Conoscendo la tua sofferenza mi hai sorpreso per la tua lucidità. Non ho fatto in tempo a incontrarti. E mi dispiace immensamente. Il mio abbraccio è purtroppo virtuale. Ma la tua memoria rimarrà imperitura.
2 giugno
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I ricordi sono inevitabili. Quelli che mi legano a Giuseppe Parlato sono infiniti. Ci ho pensato un po’. E mi sono tornati in mente quei giorni (6-9 ottobre 1987) all’Istituto dell’Enciclopedia Italiana, quando si tenne – su iniziativa di Renzo De Felice, che allora presiedeva il comitato scientifico della Fondazione, poi ne sarà presidente – il convegno “Il pensiero di Ugo Spirito”. Giuseppe era tra relatori, io tra gli organizzatori. Erano i primi passi.
Nel 1990 uscì il primo volume degli “Annali”, prefato da De Felice. La Fondazione, scriveva, “È una scommessa sull’intelligenza e la buona fede degli intellettuali italiani, sulla loro capacità di essere uomini di cultura, prima di ogni altra cosa”. Ci siamo riusciti a vincerla? Nei limiti dell’umano. Grazie a Gaetano Rasi, direttore degli “Annali”, e persino a noi giovani della redazione: Giuseppe, io e Antonio Russo. Gli anni sono passati, tanti.
E mi viene in mente un altro convegno, fortemente voluto da Rasi. Si era ancora nella sede di via Genova, dove archivi e biblioteca non c’entravano più. Era il 25 marzo 2013. Ernesto Massi era morto nel 1997. “Ernesto Massi tra geografia e politica” il tema dell’incontro a lui dedicato. Non poteva mancare Giuseppe e men che meno potevo mancare io che, nel 1990, di Massi avevo curato “Nazione Sociale. Scritti politici 1948-1976”.
Dunque eravamo lì, in quella sala divenuta angusta, a ragionare di geopolitica e politica degli anni che erano stati. Diciamo la verità, si andava sempre di corsa, ma ci si divertiva. Liberi di pensare, di discutere, anche animatamente. Un po’ di nostalgia ci sta. Certo Giuseppe aveva ancora moltissimo da dire e da dare. Che la terra gli sia lieve.
3 giugno
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Un mese fa, il 2 maggio, ho mandato a Giuseppe #Parlato un messaggio: “Ti ricordi le bozze Volpe?” Mi ha subito risposto: “Sono in ospedale, pensaci tu”. L’ho fatto. Il libro doveva andare in stampa. Gli ho promesso che gli avrei portato la prima copia stampata. Purtroppo non ho fatto in tempo. Gliela avrei portata oggi. Ma oggi non c’è più. Mi dispiace infinitamente. Resta il dolore. Questo è il suo ultimo saggio edito. Mi fa piacere di averlo curato. Buon riposo, Giuseppe.
3 giugno