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L’estate del moralismo un tanto al chilo

Giugno 9, 20220

L’estate incombe. E i giornali, come da tradizione, non si possono riempire solo con la guerra, le tasse, il reddito minimo, quello di cittadinanza, le beghe politiche, le stragi, il sommo interrogativo Draghi cade o non cade. Peraltro è certo che non cada. Non si può. Perché già la stampa perde copie, qualcosa di più “estivo” bisognerà pur offrirlo all’eroico lettore, cartaceo o digitale che sia. E allora giù colonne sulle vacanze. Mica quelle normali, della gente normale. Di Castel Volturno si parla solo se un bagnino muore dopo aver salvato due bambini. Di Coccia di Morto lasciamo perdere, è bastato un film.

Ora sono in disuso, ma un tempo c’erano i rotocalchi per l’intrattenimento. Una diva, una principessa, i dolori dell’una e dell’altra, mitigati dallo status. Da tempo i quotidiani si sono rotocalchizzati, se così si può dire, e dunque i temi “leggeri” sono diventati pane quotidiano anche per loro. Non è grave. L’informazione è importante a 360 gradi. La cucina, le diete, la medicina, il calcio, persino la cultura, dai libri ai concerti, fanno parte della vita quotidiana di ciascuno. Poi ognuno legge quel che vuole. Anche di dove si può andare in vacanza, meglio se una vacanza da sogno. Se, cioè, sono destinazioni inaccessibili per la suddetta gente normale, che può solo guardare le foto. Un tempo si definivano destinazioni esclusive, per non dire prosaicamente costosissime. Quelle che fanno sognare. Chissà, se vinco la lotteria… Come un gioiello di Farah Diba. Chissà, un giorno…

Chi ama leggere Agatha Christie sa che la geniale giallista parla soprattutto del mondo dei ricchi, e divenne ricca perché quel mondo piace alla gente normale, al di là degli omicidi di rigore. In quelle dimore inglesi c’è sempre qualche ospite non ricco, magari decaduto, che vive arrabattandosi con una “piccola rendita” e, appunto, con le ospitate. E in quelle famiglie inglesi c’è sempre una giovane reduce da una vacanza “sportiva” sulle Alpi svizzere. La ricerca dell’assassino, così, è condita di sogni.

Ma il sogno non sembra essere più legittimo. Bisogna condirlo con la morale, o meglio con il moralismo. Così si scopre – dal “Corriere” – che nel Salento c’è uno stabilimento balneare che in agosto affitta a 1000€ al giorno un principesco gazebo a un passo dalla battigia. E ci riesce. Ma tra le righe ci si chiede se sia giusto. Oppure – sempre nel “Corriere” – si può leggere una prosa sullo splendore dell’isola tedesca di Sylt, nel Mare del Nord.  “Dune bianche – si assicura -, ville frisone, microclima unico; ma soprattutto le ottocentesche Strandkörbe, dodicimila poltroncine in vimini sparse sulle spiagge e affittate con anticipo dagli habitué: i simboli di un turismo conservatore e chic che suscita, nel tedesco della strada, la stessa simpatia che suscitavano qui, anni fa, le élite in vacanza al Forte”. E a Capri, magari. Ma, attenzione, in Germania si discute se non sia il caso di rendere l’isola meno “esclusiva”. Insomma, non sarebbe più giusto, più morale, se diventasse una Coccia di Morto tedesca? Invece di essere come Portofino, dove – titolo della “Stampa” – “lo stipendio vale uno spritz”. Lo stipendio dei camerieri, s’intende, mance escluse.

In questi pezzi, mi chiedo, c’è qualche novità, a parte la solita sociologia di terz’ordine e l’invidia sociale un tanto al chilo? Chi può andare nel Salento, a 1000€ al giorno, dovrebbe vergognarsi? Io non ci vado, ma son contento per lui. Se non ci andasse, il personale non lavorerebbe. Io non posso permettermi una Ferrari – nel caso preferirei una Isotta-Fraschini d’epoca – ma il tizio che se la può permettere, foss’anche un affarista cinese, non dà lavoro agli operai, ai tecnici, agli ingegneri che la progettano e la fabbricano?

Banale, vero? Meglio tutti a Coccia di Morto. Tutti uguali. Poveri. Senza neppure porsi una domanda. Come sono diventati ricchi i ricchi? A parte le antiche casate, ormai in disarmo, basterebbe leggere un libro di storia dell’industria per sapere che in Italia – come ovunque – il successo si deve all’ingegno e alla fatica di un signore che prima era povero e che rischia di tornare ad esserlo. Se non lui – ma accade – i suoi nipoti. Chesso’, vogliamo rileggere la saga dei Florio?

Ma al moralista questo discorso non piace. Per il moralista il ricco, o anche solo il benestante, è un ingranaggio sbagliato nella società degli uguali. Quella società dove i sogni non devono esistere. La capacità, il merito, sono offese all’etica. L’ascensore sociale – vero motore delle famiglie e dei popoli – va represso alla nascita. Non sia mai un cameriere finisca col creare una catena di ristoranti, magari stellati ed esclusivi. Non sia mai un fattorino immagini di creare un impero industriale. Non sia mai. Fattorino deve restare. Lui e tutta la discendenza. Come servi della gleba. Anzi, peggio, perché dalla servitù ci si poteva riscattare. Poi servi di chi, se nessuno potrà permettersi di andare in vacanza a Portofino?

In attesa di altre genialità moralistico-vacanziere, preciso che la spiaggia laziale di Coccia di Morto è meno brutta di com’è descritta in Come un gatto in tangenziale. C’è di peggio. E per fortuna di molto meglio. Senza pretendere Pescoluse, Salento.

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