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Otto vite per capire l’Italia

Giugno 26, 20220

Se hai deciso di leggere una biografia, è quasi fatale cominciare dall’introduzione. Per avere un quadro generale e capire quale sia il “taglio” che l’autore ha voluto dare al suo lavoro. Almeno io procedo così, anche – e forse soprattutto – quando si tratta della seconda, terza o quarta biografia di una personalità che tante ne ha meritate. Se hai tra le mani un libro che raccoglie una serie di biografie, altrettanto fatale è cominciare a leggere quella della personalità che ti intriga di più, o che conosci meno, o che hai appena sentito nominare. Così mi è capitato con questo Otto vite italiane di Ernesto Galli della Loggia, appena uscito per Marsilio. E ho puntato su Andrea Caffi, <un intellettuale al di fuori di ogni regola, dal temperamento fanciullescamente mite>. Non ne dirò di più, perché i libri vanno comprati e letti, se si vuole, ed è inutile che io faccia una sintesi in quattro righe. Merita di essere scoperto. O, nel caso, riscoperto. Non è il mio caso, confesso, perché nulla ne sapevo.

Quella di Andrea Caffi è naturalmente una delle otto vite italiane trattate dall’autore. Le altre sono quelle dei fratelli Bandiera, di Enrico Tazzoli, Luigi Palma di Cesnola, Anna Kuliscioff (italiana d’adozione), Pietro Quaroni, Edda Ciano, Filomena Nitti. Un percorso che, dovrebbe risultare evidente, si snoda tra l’Italia del Risorgimento e quella della prima metà del Novecento.

Letto del Caffi, però, son tornato all’introduzione. E lì, per ora, mi sono fermato. Per capire che cosa abbia spinto uno storico come Galli della Loggia, a percorrere una strada letteraria ben diversa da quella consueta. È un saggio storico, s’intende. Ma può essere letto come un romanzo. Qui nasce il mio problema. Perché dell’introduzione condivido tutto, dalla prima all’ultima riga. Se dovessi scriverne una recensione non potrei dirlo così. Ma su un blog posso farlo. Mentre non tratteggerò i profili degli otto italiani.

È caustico, Galli della Loggia, fin dall’incipit: <Non starò farla troppo lunga con il ruolo della personalità nella storia: se qualcuno non capisce al volo che, per qualsiasi paese che si trovi ad attraversare un momento critico, avere come guida Giuseppe Conte o Winston Churchill non è esattamente la stessa cosa, non c’è ragionamento che possa fagli capire di cosa stiamo parlando>. Applausi…

Perché, ci ricorda l’autore, in questi tempi si fatica a riconoscere l’importanza della personalità, e persino dell’<esistenza di qualcuno per qualche verso migliore di noi>. Eppure la storia è fatta, nel bene e nel male, di una sequenza di eventi determinati dalle decisioni, dalle scelte, di persone, senza capire le quali è difficile comprendere appieno il senso degli eventi da queste determinate. <La dimensione biografica – scrive Galli della Loggia – si presenta, più che come un’integrazione, quasi come una correzione all’eccesso di razionalità che, lo si voglia o no, è sempre implicita in una ricostruzione storia “alta”>. <La biografia, dunque, ha una funzione importante: riconduce la storia alla vita. La innerva e la vivifica dei caratteri e dei sentimenti dei singoli>.

La vita degli otto italiani ed italiane biografati – che pur non sono state “personalità eccezionali”, capaci di “fare la differenza” – ci aiuta – o dovrebbe aiutarci – a riconciliarci con la storia dell’Italia, con la quale <non abbiamo un rapporto né facile né felice>, perché <frequentiamo quella storia soprattutto come una sorta di deposito di munizioni per le nostre dispute politico-ideologiche, quasi sempre somiglianti a risse inconcludenti>. È la conseguenza <del carattere divisivo che, fin dal principio, ha avuto la vicenda dell’Italia unita>. Una divisività che ha determinato una <spietata, reciproca delegittimazione> tra le parti in campo. Fare luce su queste vite italiane <che ci parlano dell’Italia che fu>, sulle loro ragioni, sui loro sentimenti, sui loro sogni, sulle loro decisioni e azioni, può forse finalmente aiutarci a capire e a voltare pagina. Riscoprendo un Risorgimento ormai dimenticato, e anche la modernità del Novecento, al di là del fascismo ancora utilizzato nello <scontro politico nazionale>.

È un auspicio, una speranza. Galli della Loggia è <ben consapevole del peso di tutto ciò che c’impedisce di tornare a essere padroni del nostro futuro: dalla mancanza di un vero senso di appartenenza alla scarsa consapevolezza di un’identità, alla spossatezza di una società di vecchi come ormai è la nostra, dell’incapacità di visione di chi ci governa>. Ma si chiede: <fino a quando riusciremo ad andare avanti con questo nulla che cresce alle nostre spalle?> Chiamiamolo pessimismo, se si vuole. O realismo, che mi sembra una definizione migliore. Ma le cose stanno così. Le otto vite di questo libro possono aiutare. Spero. Io ricomincio dalle prime, le vite dei fratelli Attilio ed Emilio Bandiera, quei veneziani che avrebbe potuto vivere sereni e onorati sotto l’imperial-regio governo e, invece, vollero morire per l’Italia. La mia, la nostra Italia.

Ernesto Galli della Loggia, Otto vite italiane, Marsilio, Venezia 2022

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