Purtroppo la solidarietà virtuale non serve a nulla. Ma se mi fossi precipitato per aiutare sarei stato solo d’impiccio. La protezione civile è una cosa seria. E i suoi volontari sono attrezzati per farlo, come i Vigili del Fuoco e i Carabinieri.
Dunque la mia inutile solidarietà ai marchigiani colpiti dal disastro è sentita, non retorica. Anche perché conosco quelle zone. Vedere le immagini di Cantiano o della splendida Senigallia mi atterrisce. Poi, ho la sensazione di aver mancato per poco il disastro. Ieri pomeriggio Gubbio è stata tempestata. Più volte è saltata l’elettricità. E io pensavo “passa”. Non potevo immaginare che sarebbe passata dall’altra parte dell’Appennino e la pioggia furente si sarebbe abbattuta sulle Marche.
Solo all’alba ho capito che cosa era successo e che cosa avevamo scampato. Solidarietà dunque. Con la speranza che, piante le vittime, si intervenga sul serio. Perché, al di là del fenomeno atmosferico, prevedibile o meno, ma di questa violenza è imprevedibile, si racconta di acqua confluita violentemente nei fiumi e, soprattutto, nei fossi e nei torrenti. Sono le vie che consentono di scaricare le acque in mare e, quindi, di limitare i danni delle precipitazioni di questo tipo. Ma quelle vie sono ostruite. Rami, tronchi, persino rifiuti solidi, frigoriferi, cartelli stradali. Questo c’è nei fossi e nei torrenti. Così si intasano i ponti e le esondazioni si aggravano.
Non è un fenomeno nuovo. Ovunque. Se nel Seicento, per fare un esempio campano, gli spagnoli fecero costruire il reticolo dei Regi Lagni, non lo fecero per gioco. Ma i Regi Lagni vanno manutenuti. Se non lo sono, la colpa è non del caso o del destino cinico e baro, né – per quanto riguarda le Marche – del fiume Misa, più torrente che fiume, ma dell’uomo. Come per i terremoti, quando non si rispettano le norme antisismiche. Le norme esistono, dettagliatissime. Il problema è se vengono rispettate, sia dalle amministrazioni sia dai cittadini. Riguardano la cura dei boschi e dei corsi d’acqua. C’è scritto tutto.
Mi si può obiettare che non è il momento delle polemiche. È però sempre il momento di dire la verità Senigallia fu colpita da una alluvione analoga il 17 agosto 1976, 46 anni fa (foto).
Il 3 maggio 2014 nuova alluvione a Senigallia (foto).
La magistratura di Ancona avviò un’inchiesta. Nel 2017 il magistrato la chiuse e registrò che <si sono sommati un Piano comunale di protezione civile “inapplicabile”, “gravi ritardi” nella gestione dell’emergenza, la “totale inadeguatezza delle attività di vigilanza idraulica e servizio di piena in prossimità degli argini del fiume Misa” e l’inadeguatezza anche del Piano provinciale di emergenza per i servizio di piena>.
Piangere le vittime dopo, purtroppo, non serve a niente. Lo facciamo, ma possiamo anche indignarci.