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Il Maigret crepuscolare di un grande Depardieu

Settembre 15, 20220

Troppo Gotham City, troppo Les Misérables Da cultore del genere penso che Patrice Leconte ci abbia messo un po’ troppo del suo in questo Maigret. L’adattamento cinematografico del romanzo (Maigret e la giovane morta, 1954) è forse eccessivo, troppo liberamente ispirato a, la narrazione un po’ sopra le righe. Ma bisogna riconoscere che l’insieme funziona. Bene. Molto bene.

Il fatto è che sono infiniti i Maigret cinematografici ed è scontato che ogni volta si soppesi la fedeltà della sceneggiatura al testo, e si confronti il protagonista agli illustri predecessori. La delusione è sempre dietro l’angolo. Ma registi e attori lo sanno. Sbaglia lo spettatore, ma è inevitabile che accada.

Detto questo, tuttavia, in questo nuovo Maigret si riconosce Simenon. C’è. Anche se lo studio dell’ambiente sociale che caratterizza il carattere del commissario è sfumato, quasi evanescente. E c’è anche il commissario. Un commissario autunnale, crepuscolare. Un commissario vicino alla pensione e ancor più etico e umano dell’originale.

Quella di Depardieu è una interpretazione onestamente sublime, immensa, nonostante debba rinunciare alla gestualità della pipa e alle brasserie. Perfetti i tempi, le parole centellinate, i silenzi, l’incedere, gli sguardi. Ha saputo calarsi perfettamente nel ruolo, aiutato anche dalla sua fisicità. Promosso. Almeno da me.

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