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Gadda, Montale e il fascismo

Aprile 24, 20230

Dei percorsi biografici e intellettuali di Carlo Emilio Gadda ed Eugenio Montale lo storico Pier Giorgio Zunino si era largamente occupato già nel monumentale La Repubblica e il suo passato. Il fascismo dopo il fascismo, il comunismo. La democrazia: le origini dell’Italia contemporanea (il Mulino, Bologna 2003, pp. 784) e anche altrove. Un libro denso, un po’ erratico, a suo tempo anche criticato. Comunque un testo di ragguardevole interesse, al di là di alcune interpretazioni discutibili.

Vent’anni dopo Zunino torna a occuparsi del poeta e dello scrittore, con questo Gadda, Montale e il fascismo. Un testo che, grazie a ulteriori ricerche archivistiche, e alla individuazione di carteggi inediti o poco conosciuti, porta alla luce nuovi dettagli sulla vita dei due grandi intellettuali italiani del Novecento. Vite complesse e per molti versi ambigue, come in fondo furono quegli anni. Per chi sia appassionato dei dettagli è uno studio interessante e utile. Ma, onestamente, non cambia, nella sostanza, quanto era già noto sul rapporto che gran parte degli intellettuali ebbe con il fascismo, Gadda e Montale compresi.

Segnati, in modo diverso, dalla Grande Guerra e dai suoi lasciti (Gadda anche dalla prigionia) furono attratti dal primo fascismo, per poi maturare lentamente un distacco privato, intimo. La lirica montaliana La primavera hitleriana nasce tra il 1938 e il 1939, per essere pubblicata poi nel 1946. È della fine del 1939 il testo di Gadda sul <trionfo degli assassini tedeschi e dell’eredo-alcoolico loro Führer, mostro sadico, che cerca rivincite di carneficine alla sua impotenza>. Ma è parte di una lettera a Bonaventura Tecchi, rimasta segreta.

Eugenio Montale

Un itinerario lungo, quello del poeta e dello scrittore accanto al regime, che psicologicamente termina verso la fine degli anni Trenta. «Abbiamo la prova – sottolinea Zunino – che [il distacco] era certamente sopravvenuto in Montale non oltre il maggio del 1938 e in Gadda poco più tardi, nell’ottobre del 1939. In quei venti anni […] ebbero un rapporto vario e se vogliamo talvolta contraddittorio con le idee e i comportamenti che la relativa omogeneità di una dittatura tendeva a rendere cogenti». Nel ricostruirlo, quell’itinerario, Zunino non cede alla tentazione di formulare banali condanne moralistiche su persone che un antifascismo sotterraneo lo professano solo dopo la conquista dell’Impero e quando l’ombra di Hitler cominciò a oscurare l’orizzonte. Piuttosto mette in evidenza che sia Montale sia Gadda furono pervasi da una «eticità profonda che alla fine avrebbe trionfato».

Per il premio Nobel Montale non saprei dire. Mi limito ad amare Ossi di seppia, e non solo. Per l’autore di Quer pasticciaccio brutto de via Merulana (1946-1947, poi 1957) si può immaginare che la sua invettiva antimussoliniana nel pamphlet satirico Eros e Priapo. Da furore a cenere (1967) fu in fondo un modo di liberarsi di persistenti ombre di un passato lontano. L’ingegnere fu tuttavia una personalità molto complessa, forse inconoscibile. Quando nel 1955 decide di pubblicare  il Giornale di guerra e di prigionia, dopo aver operato numerosi tagli e revisioni, Gadda non espunge queste righe, scritte nel 1915: «Alla mensa conobbi […] l’antipaticissimo, pretenzioso, presuntuoso cap. Niccolosi, ebreo. È strana l’intuizione che ho degli ebrei: li conosco di colpo, al solo guardarli, prima ancora di avvicinarli: non nessuna speciale avversione per loro, ma questo Niccolosi deve essere un cane». Misteri dell’animo umano…

Pier Giorgio Zunino, Gadda, Montale e il fascismo, Laterza, Roma-Bari 2023.

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