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Il ciarliero del Cremlino

Febbraio 15, 20240

Putin è diventato ciarliero. A meno che a parlare non sia un suo sosia. Ma mettiamo che sia il vero Punin a esternare. D’altra parte è in campagna  elettorale. Tra un mese, infatti, dal 15 al 17 marzo, i russi sono chiamati alle urne per eleggere il nuovo presidente. Che poi, senza girarci intorno, sarà quello vecchio, Vladimir. Il quale, grazie alla riforma costituzionale del 2022, ha il diritto di correre per un nuovo mandato, restando al potere per 25 anni consecutivi. Alla morte prematura di Franklin Delano Roosevelt, eletto per la quarta volta consecutiva, agli americani, per quanto lo avessero amato, venne il dubbio che fosse un po’ eccessivo, in una democrazia, un presidente che potesse governare all’infinito. E i mandati consecutivi diventarono due.

In realtà sono diventati due anche in Russia, ma quelli precedenti di Putin sono stati azzerati, non contano. Dunque il neo Zar potrà, vivendo, arrivare al 2034, quando avrà 82 anni. Salvo nuove modifiche costituzionali. Difficilmente potrà raggiungere i 52 anni di potere di Fidel Castro o i 46 del nordcoreano Kim II Sung. Forse i 42 di Gheddafi. Franco e Salazar, con 36 anni ciascuno, furono dilettanti.

Di avversari Putin non ne ha. In un modo o nell’altro sono stati esclusi dalla competizione, che sarà solo una mera formalità. Il malessere popolare per l’andamento della guerra contro l’Ucraina non ha alcuna possibilità di essere rappresentato.

Perché mai, dunque, Putin è diventato ciarliero? La risposta più semplice è che, comunque, un po’ di campagna elettorale deve farla, per convincere i russi a recarsi alle urne. Il risultato è scontato ma una astensione elevata non è un’opzione. La rielezione deve avere il sapore del glorioso plebiscito.

Tuttavia è una spiegazione troppo semplicistica, se si presta la dovuta attenzione a quello che ha detto in due ravvicinate interviste televisive. La prima concessa a Tucker Carlson, giornalista americano talmente putiniano da essere licenziato da Fox News. Un’intervista – durata ben due ore – che allo stesso Putin non è piaciuta. “Onestamente – ha detto nella seconda intervista – pensavo che sarebbe stato aggressivo e avrebbe posto domande difficili. Non solo ero pronto, lo volevo, perché mi avrebbe dato l’opportunità di dare risposte dure”. A proposito della situazione ucraina Tucker Carlson gli aveva chiesto, tra l’altro, “perché non chiama Biden e risolve questo problema”. Ma lui aveva risposto che non ha intenzione al momento di dialogare con l’amministrazione statunitense.

Ed ecco la seconda intervista, con il giornalista russo, ovviamente putiniano, Pavel Zarubin. Intervista per il canale ufficioso Russaija1, subito ripresa dall’agenzia Tass. Qualche domanda bisogna farsela. Perché Putin se ne esce con affermazioni per certi versi sorprendenti. La prima: “Biden è più esperto di politica e per questo la Russia preferirebbe lui rispetto a Trump come presidente degli Stati Uniti”. E aggiunge che negli Usa “la campagna elettorale sta diventando acuta, ma sarebbe scorretto che la Russia interferisse”. Certo più acuta di quella russa. Dunque Putin, sospettato di aver messo all’epoca in campo qualche oscura iniziativa a sostegno di Trump, interferisce negando l’interferenza. Lo fa mentre, sempre nell’intervista, sostiene che la NATO è ormai inutile e, comunque, la Russia è preoccupata per una eventuale adesione dell’Ucraina all’alleanza atlantica. Lo fa, e non può essere un caso, dopo che Trump l’ha sparata grossa contro gli alleati che non sostengono la NATO, chiarendo che per quanto lo riguarda in Europa Mosca può fare quel che vuole, anche dichiarare guerra agli atlantisti morosi.

Nel frattempo il Cremlino, con il portavoce Dmitry Peskov, ha smentito le voci circolate negli Usa secondo le quali la Russia vorrebbe dispiegare armi nucleari nello spazio. Si tratterebbe di “un altro stratagemma della Casa Bianca”, solo un modo, “con le buone o con le cattive, di spingere il Congresso a votare a favore della proposta di stanziare questo denaro”. E sono i repubblicani più legati a Trump a contrastare Biden sui nuovi finanziamenti.

Difficile capire quale sia il messaggio di Putin leggendo tra le righe. Un Putin che in Ucraina non ha vinto e perde l’ennesima nave nel Mar Nero. Un Putin che si guarda bene dall’intervenire nella crisi mediorientale, nonostante gli stretti legami con la Siria. Ma, in fondo, le interpretazioni possibili sono solo due, a parte la rivendicazione a uso interno del suo ruolo di guida insostituibile. Da un lato, avverte che Trump non è suo amico, e con questo fa un favore allo stesso Trump, sospettato anche da una parte dei repubblicani di essere troppo remissivo nei confronti della Russia. Definendolo inesperto, lo smentisce quando sostiene di poter raggiungere facilmente un accordo con lui. Dunque gli americani stiano tranquilli, possono votarlo.

Dall’altra lato, Putin lascia intendere che il tempo del dialogo è arrivato e, a prescindere da Trump, un accordo sull’Ucraina si può raggiungere, con qualunque inquilino della Casa Bianca. E questo è un messaggio non solo per gli americani e gli europei ma anche per i russi, stanchi della guerra e delle conseguenze delle sanzioni. Una guerra che, dopo l’aggressione a Israele, sembra essere passata in secondo piano, quasi dimenticata, ma non può durare in eterno senza mettere a rischio, per quando rieletto plebiscitariamente, la sua credibilità. Tanto più che l’alleato cinese, al di là delle strette di mano, ha altro a cui pensare. Se Putin Zar vuole essere, lo Zar deve fare: comandare e raggiungere risultati. Domani dirà cose diverse in una nuova intervista? È probabile. È una strategia, che potrebbe pagare.

 

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