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ONU, quella Carta ri-stracciata 50 anni dopo

Maggio 10, 20240

Sono trascorsi quasi cinquant’anni dal 10 novembre 1975. Quel giorno Chaim Herzog, ambasciatore di Israele e futuro presidente dello Stato ebraico, stracciò la Carta delle Nazioni Unite dopo aver terminato il suo intervento al Palazzo di Vetro contro l’approvazione di una risoluzione – la 3379 – che definiva il sionismo equivalente al razzismo.

Mezzo secolo, dopo, quel gesto è stato emulato dall’attuale ambasciatore israeliano Gilad Erdan. E’ cambiato solo lo “strumento”. Herzog (nella foto) usò le mani. Erdan un tritacarte portatile. Lo ha fatto dopo il voto dell’assemblea favorevole a una risoluzione che riconosce la Palestina come “qualificata” per diventare membro a pieno titolo delle Nazioni Unite, e raccomanda al Consiglio di Sicurezza di “riconsiderare favorevolmente la questione”. “Avete aperto le Nazioni Unite ai nazisti moderni. Questo giorno rimarrà ricordato nell’infamia”, ha urlato Erdan. Herzog denunciò la risoluzione 3379 come “un’ulteriore manifestazione del triste odio antisemita e anti-ebraico che anima la società araba”. Quella risoluzione fu cancellata solo il 16 dicembre 1991.

Si dirà che le due risoluzioni non sono paragonabili. L’immediata esultanza di Hamas racconta un’altra storia. E’ la storia del passato che non passa. Non perché gli arabi palestinesi non debbano avere uno Stato riconosciuto dall’ONU. Perché quello Stato, in realtà, non esiste. Nonostante decenni di trattative, di impegni, di guerre intestine, l’Autorità Nazionale Palestinese non ha avuto la capacità di costruire uno Stato, condizionata dal fondamentalismo antisemita di Hamas e Hezbollah. Dunque la risoluzione a quale Palestina si riferisce? A quali arabi palestinesi? Ai terroristi di Hamas, che ha conquistato Gaza a mano armata contro al Fatah e vuole cancellare Israele dalla carta geografica? A quelli, dunque, che il 7 ottobre 2023 hanno perpretato la strage di ragazzi israeliani?

Sono mesi che si tratta, in varie sedi, per raggiungere almeno una tregua, che non può tuttavia prescindere dalla liberazione degli ostaggi catturati nel deserto. La guerra continua. Con vittime di entrambe le parti. Mentre si dimentica chi è l’aggressore e chi è l’aggredito. Si dimentica che Israele non poteva che reagire militarmente a un attacco militare. Israele che, dopo il voto di ieri, per l’ennesima volta, si ritrova quasi solo nel difendere il suo diritto di esistere in pace.

Probabilmente la risoluzione “palestinese” sarà bloccata nel Consiglio di Sicurezza dagli USA, che hanno votato contro insieme a un piccolo gruppo di Stati: Argentina, Repubblica Ceca, Ungheria, Stati Uniti, Micronesia, Palau, Nauru, Papua Nuova Guinea. 143 i voti a favore, 9 contrari e 25 astensioni. Tra queste anche Italia, Regno Unito e Germania. Mentre Spagna e Francia hanno votato a favore. Una spaccatura che, in sede Nato, ma soprattutto in sede europea, non potrà non avere conseguenze politiche.

Se la scelta di Madrid e Parigi è sconcertante, è difficile spiegare l’astensione. L’ambasciatore Maurizio Massari, intervenendo in assemblea, ha ribadito che la posizione dell’Italia è favorevole a “due popoli due Stati” per risolvere la crisi in Medio Oriente, e ritiene che la “soluzione debba essere raggiunta attraverso negoziati diretti tra Israele e Palestina”. Posizione corretta, ma non certo a portata di mano. E’ presto per capire. Certo all’Onu non è stata una bella giornata. Da cancellare rapidamente. Per non tornare indietro di mezzo secolo. Anche il 10 maggio 2024 passerà alla storia. Non solo per la carta ONU simbolicamente stracciata per la seconda volta. Un interrogativo dobbiamo porcelo: siamo sicuri che l’ONU serva ancora a qualcosa? Il dubbio è legittimo. Anche se la domanda per ora non ha una risposta. Mentre gli equilibri internazionali sembrano deteriorarsi di giorno in giorno. Non solo in Medio Oriente. E non certo per responsabilità di Israele.

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