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La dolce vita di Fraka

Giugno 19, 20220

È un destino amaro quello che tocca spesso ai giornalisti, anche ai più grandi, fatte salve rarissime eccezioni. Letti da tanti, presto dimenticati. È la sorte toccata ad Arnaldo Fraccaroli (1882-1956), che dopo aver calcato da protagonista la scena professionale è scivolato nell’oblio. Anche per me era un appena un nome, nulla di più. Ci voleva un giornalista di razza come Giampiero Olivetto per riuscire a riportare alla luce la vita di colui che «vide in rosa tutto il mondo», come titolò il “Corriere Lombardo” nell’annunciarne la scomparsa. Con il profilo multiforme di Fraka – come amava firmarsi – grazie a una ricerca a tutto tondo, dal volume emerge con un sapiente intreccio anche una fotografia del tempo che il veneto dalle umili origini ha attraversato, da spettatore e narratore. Cosicché la biografia di Fraka diventa in qualche modo anche la biografia della prima metà del secolo scorso. Il merito è di Fraccaroli, che seppe essere poliedrico, passando da una guerra all’altra, dalla cronaca nera al costume, alla cronaca rosa. Una tipologia di giornalista che, in gran parte, è andata perdendosi lungo i binari della specializzazione. Come ricorda l’autore, Fraka amava definirsi – enfaticamente e umilmente insieme – “commesso viaggiatore della curiosità altrui”. Un commesso viaggiatore capace di «fotografare con le parole» e di produrre migliaia di articoli d’ogni genere e oltre cento tra romanzi, libri di viaggi, novelle, saggi, lavori teatrali, biografie. Un talento straordinario al quale si deve l’affermarsi del reportage, l’invenzione dell’espressione “dolce vita” e dell’instant book.
Per mezzo secolo firma di punta del “Corriere della Sera”, a lui dobbiamo la memoria imperitura – e spesso travisata – di una frase simbolo della prima guerra mondiale, quel “Meglio vivere un’ora da leone che cent’anni da pecora”, tracciato da un ufficiale sul rudere di una casa trevigiana. Fraccaroli fu tra i primi a volare su dirigibili e aeroplani e a visitare Hollywood. Scoprì e fece conoscere agli italiani l’America degli “Anni ruggenti” e il jazz. Dal 1920 al 1940, girò tutti i continenti, svelando agli italiani il mondo e le novità di anni che ne vedevano spuntare con una rapidità oggi inimmaginabile. Di questo giornalista geniale, Olivetto non solo evidenzia le rare capacità professionali, ma tratteggia anche i paradossi umani. Dandy e tombeur de femmes, eccentrico, anticonformista, ma anche marito e padre amorevole, e ancora uomo di fede profonda, legato alla madre più di quanto ci si potrebbe aspettare.
Avevo letto, apprezzato e accantonato questo libro, quando mi sono imbattuto in Fraccaroli. Gli archivi riservano sempre sorprese. Stavo “scavando” nel fondo Tamaro della  Biblioteca Hortis di Trieste e l’occhio mi è caduto su una lettera. Un piccolo inedito. Il Fraccaroli di Olivetto scrive al “mio” Attilio Tamaro. Tra i due giornalisti – ma ormai Tamaro era diplomatico a Berna – c’era cordialità.

Chiedo lumi al biografo di Fraka. Ne nasce un’ipotesi, chissà se si troverà di più. <Probabilmente i due – che sono quasi coetanei e morti nello stesso anno, il 1956 – si sono conosciuti a Trieste – immagina Olivetto -, la città della compagna di Arnaldo, Lisetta Camerino, di famiglia ebraica. E forse si sono incontrati in quelle città del nord Europa, Berna su tutte, dove Tamaro svolgeva la sua missione di diplomatico e che Fraccaroli toccava nei suoi viaggi o frequentava (mi riferisco in questo caso alla città svizzera). Ho visto inoltre che durante il primo conflitto mondiale e subito dopo entrambi hanno pubblicato con i Fratelli Treves di Milano>. Forse, da qualche parte, un carteggio…Resta la conferma delle mille relazioni di Fraka. Un uomo, mille facce. Forse anche per questo amato dai suoi lettori. Per i funerali – scrisse Montanelli – «Dalle portinerie, dalle botteghe di barbiere, dai tassì, dai conventi, dalle scuole, dagli ospedali, dagli ospizi, dai negozi, dagli uffici uscì e si compose in corteo quel “pubblico” che noialtri giornalisti non conosciamo, ma per il quale scriviamo… Se l’occasione si prestasse al motto di spirito, diremmo che Fraccaroli è stato, anche da morto, lo scrittore più “seguito” di questi ultimi tempi». Per come emerge da questa biografia, Fraka avrebbe apprezzato l’ironia.

Gianpietro Olivetto, La dolce vita di Fraka. Storia di Arnaldo Fraccaroli, cronista del Corriere della Sera, prefazione di Gian Antonio Stella, All Around, Roma 2019.

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