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Il paradosso del Fosso Lavatore

Luglio 12, 20220

Mi si potrebbe dire: <ma che t’importa?>. Già, che m’importa se una superstrada – o se preferite un raccordo autostradale – non è terminata? Prima o poi, lo sarà. M’importa, in realtà. Molto. Perché un’opera non portata a termine testimonia il degrado di una Nazione. E quello di cui parlo non è certo l’unico caso. M’importa, questo caso specifico – che vale per tutti – perché ne sento parlare dal 1968 di questa Orte-Viterbo-Civitavecchia. Sono passati 54 anni.

Il raccordo doveva facilitare i collegamenti tra il porto di Civitavecchia, l’autostrada del Sole, Terni con le sue acciaierie, e infine l’Italia adriatica. Insomma, com’è scontato, avrebbe arricchito un’area vasta, compresa Viterbo e la sua provincia – la Tuscia, se si preferisce –, e io sono viterbese. Ricordo perfettamente come se ne parlava in famiglia. Come di una svolta che avrebbe avuto solo effetti positivi. Considerando che Viterbo era stata tagliata fuori dal tracciato della A1. Preferirono, forse a ragione, la valle del Tevere. E anche le ferrovie non erano un granché. E continuano a non esserlo.

Lo dico con dolore, perché all’inaugurazione della Roma-Capranica-Viterbo c’era il mio bisnonno, Giovanni Petroselli, ingegnere ferroviario, che ci aveva messo del suo, ed era, in quel 29 aprile 1894, assessore municipale di una Viterbo ancora provincia di Roma. Il tracciato – tortuoso – fu “suggerito” dagli agrari locali, i principi Odescalchi e l’allora deputato Tommaso Tittoni. Ed è ancora quello. Nel 1886 era nata la Viterbo-Attigliano. È ancora com’era. Nel 1928 fu aperta la Civitavecchia-Capranica-Orte. È dismessa definitivamente dal 1994, anche se ogni tanto si parla di riattivarla. Consentiva di andare da Civitavecchia a Viterbo senza farla troppo lunga.
Cominciata all’inizio del Novecento, nel 1932 fu inaugurata la Viterbo-Civita Castellana-Roma, a scartamento ridotto, che scavalla i Cimini. Ma non è migliore dell’altra. Paradosso vuole che la piccola Viterbo abbia ben 3 stazioni ferroviarie.

Questo per dire che Viterbo isolata era e isolata rimane. Quanto a strade, la cosiddetta Cassia bis a quattro corsie si arena a Monterosi, poi il nulla…

Dunque si era felici per la Terni-Orte-Civitavecchia. Saremmo ancora felici, se non mancassero ancora 18 km, da Monte Romano alla via Aurelia. Dico 18 km. È vero che non si riesce a fare l’autostrada Tirrenica. E tanto altro. Per motivi analoghi. Per questo quei 18 km sono simbolici.

Qualche mese fa sembrava finalmente tutto risolto. Anche le proteste per la sorte della nota Valle del Mignone, accolte dal Tar del Lazio. Ma è solo una questione di tracciato. Pronti i bandi. Finanziamenti certi. Si comincia. Invece no. Perché il nuovo tracciato ha suscitato qualche preoccupazione nei burocrati del Ministero della Cultura, direzione generale Archeologia, Belle arti e Paesaggio.
Mentre si attende ancora la Valutazione di impatto ambientale del Ministero della Transizione, quello della Cultura scrive all’Anas che <Il progetto risulta particolarmente complesso e sovra-strutturato in corrispondenza dello svincolo di Monte Romano Est>. Il ministero ritiene in particolare <che l’insieme delle opere progettate relative alla realizzazione del tracciato del primo stralcio della SS 675, anche della viabilità di raccordo con la viabilità locale esistente (rampe, bretelle, rotatorie, sottopassi, ecc.), sia fortemente impattante nei confronti del corso d’acqua tutelato denominato Fosso Lavatore>. L’area di progetto, sottolinea ancora il Ministero, <è lambita dalla SS 1-bis (principale viabilità di collegamento tra le aree interne e la costa tirrenica)> e che risulta individuata come percorso panoramico <per il quale il Ptpr garantisce la salvaguardia delle visuali>. Dove Ptpr sta per Piano Territoriale Paesistico Regionale.

Non sto qui a farvi tutta la storia di questa folle telenovela, del mezzo secolo trascorso. Ho aspettato tanto, forse ce la faccio ad aspettare ancora. Io. L’Italia non so. Anzi, non credo. Con tutto il rispetto del paesaggio che circonda il notissimo Fosso Lavatore, per la fauna che lo abita, per la sua micro-cascatella, non ci sto. Stiamo parlando di un rigagnolo. Spostatelo. Tombatelo. Come il Fosso Urcionio a Viterbo. Prima era una fogna a cielo aperto, poi fu anche rifugio antiaereo. Fate quel che vi pare. Ma finitela questa opera. Perché è uno scandalo. Perché la vita delle persone vale più di quella di un cinghiale e di una lontra. Tutelare tutto, meno che gli interessi vitali di un popolo, è radicalmente sbagliato.

Non sto qui a farvi la storia del Fosso Lavatore. Ricordo però un’altra piccola storia vicina. Quella del Rio Vicano. Il quale Rio è l’unico emissario del Lago di Vico. Lago vulcanico, bellissimo, il più alto d’Italia tra i grandi laghi, incastonato nei Cimini, con i monti Fogliano e Venere, che forse era stata un’isola. Il paradiso di me bambino. Va preservato e tutelato, il Rio, per quanto sia un ruscello. Peraltro funziona. Giusto. Però il Rio Vicano non è un emissario naturale. Il Lago di Vico non ne ha. Come non ha immissari. Il Rio Vicano è artificiale. Esiste perché forse gli etruschi, sicuramente i romani, costruirono col tufo un canale sommerso per far defluire l’acqua nelle campagne circostanti, verso il fiume Treja. Fiumiciattolo, diciamo. Le acque del Lago si abbassarono e nella ex caldera emerse un’area coltivabile. Con i secoli il condotto si rovinò, ma i Farnese nel Seicento lo ripristinarono (nella foto la vecchia chiusa).

Gli etruschi, i romani, i Farnese, hanno offeso qualcuno? Probabilmente le folaghe non furono contente. Come le zanzare delle paludi bonificate. Come la fauna del canale di Panama, e i dromedari del canale di Suez. Ma etruschi, romani, i Farnese e tutti i successori guardavano lontano. Guardavano alle esigenze degli uomini. Con tutto il rispetto per la natura, grazie alla quale gli uomini vivevano. Oggi non riusciamo a guardare oltre il nostro naso. Facciamo solo retorica, nient’altro. E di retorica rischiamo di morire. Seduti, aspettando gli uccelli di passo.

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