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Elogio, preoccupato, del tassista perbene

Luglio 13, 20220

Non ho niente contro i tassisti, anzi. Fanno un lavoro duro. Fisicamente duro. Talvolta pericoloso. La macchina è la loro azienda, la loro vita. Costa. I turni non sono comodi, ma vale per tante categorie. Spesso li uso. Anche ieri, a Roma. Era una tassista. Gentile. Non si lamentava. Talvolta succede. E non è simpatico. Perché ciascuno ha i suoi problemi. Ogni tanto pensiamo ai camerieri, a quanti passi fanno ogni giorno, se non vogliamo parlare di miniere e fonderie.

Il tassista è anche utile, al di là del trasporto. Per un giornalista, sicuramente. Quando arrivi in una città che non conosci è il tuo primo informatore. Se non è un novizio, è capace di spiegarti la città, il clima sociale, persino politico. E ci azzeccano. Non solo in Italia. Poi, non tutti sono uguali. Ma neppure i giornalisti lo sono. Ne’ gli avvocati. Ne’ i medici.

Certo, a Roma ci sono nuclei francamente criticabili. A Termini, a Fiumicino, a Ciampino. Gestiscono le file. Spesso capita che non ti facciamo salire se la tua destinazione è “troppo” vicina. La scusa è standardizzata: “sono a fine turno, devo tornare verso casa”. Quando sono gentili. Ogni categoria ha le sue pecore nere. Anche tra i tassisti delle grandi cooperative trovi quello che non ha il Bancomat, ma te lo dice solo dopo, quando sei salito, e pretende gli spicci che non hai. Oppure ti scambia per un “forestiero”, e allunga il percorso in modo indecente. Talvolta mi chiedo come facciano a non capire che conosci le strade meglio di loro; che sai quanti semafori ci sono su un percorso e su un altro. Magari il suo è più corto, ma i semafori sono tanti… Mi domando come si comportano con i turisti stranieri. Molti giovani, poi, non sanno proprio le strade. Si affidano banalmente al navigatore, e non sai come finisce.

Ora, ma non è certo la prima volta, protestano per le possibili conseguenze del decreto concorrenza. In concreto, non vogliono che il mercato si apra a Uber o ad analoghi operatori web. E, naturalmente, agli antichi “nemici”, gli NCC, cioè i noleggi con conducente. Questione vecchissima, sulla quale i tassisti hanno ragione. Gli NCC hanno una funzione e una licenza diversa. Se vogliono fare i tassisti, prendano la licenza giusta.

Con Uber e simili il discorso è più complicato. Si salta l’Intermediazione delle cooperative e delle loro strutture. Non c’è più l’operatore al quale chiedi il Taxi. Le corse costerebbero meno? In realtà è difficile capirlo. Certo, cambia il mercato, anche se le cooperative si sono da tempo attrezzate con le App. Non le uso, ma ci sono. Capisco la preoccupazione, ma che diminuiscano i clienti pro-quota sembra difficile, almeno a Roma, a Milano, Napoli, Torino, dove tutti i tassisti lamentano di essere pochi. O mentono al cliente che aspetta da mezz’ora, oppure è vero. Ma vorrebbero che si moltiplicassero le licenze? O preferiscono il numero chiuso?

Dunque c’è qualcosa che non torna in questa protesta a oltranza, in questo tentativo di ostacolare ogni cambiamento. I cambiamenti hanno riguardato e riguardano tutti i lavori. Si pensi al commercialista e al cassetto fiscale. O, per quanto mi riguarda, al passaggio dalla penna alla macchina per scrivere, ai floppy, al digitale… Ho cominciato all’epoca delle linotype, del piombo, del fax a rullo… Insomma, siamo ancora qui. E stiamo anche meglio. Il linotipista lo respirava, il piombo. Poi, se si preferisce, si può essere nostalgici di tutto, anche della carrozza a cavalli. Ma insomma…

Non so come finirà con l’art. 10 del decreto concorrenza, peraltro generico in attesa di quelli attuativi. Forse con l’ennesimo rinvio. Ma un punto di incontro deve essere trovato. E in realtà in piazza scende una minoranza. Altri per fortuna ragionano. Si facciano sentire.

Gridare “Fuck you Uber” e lanciare petardi non è che risolva. Anzi, fa arrabbiare i clienti. Se oggi dovessi fare il percorso di ieri non sarei contento. E mi verrebbe il dubbio che dietro questo no a tutto ci sia una mentalità sbagliata, vecchia, persino antica, non tanto dei tassisti, ma di chi gestisce alcune loro cooperative. Che poi son le stesse che, quando si vota, alle amministrative, cercano sempre di “vendere” pacchetti di voti – veri o presunti – a tutti i candidati sindaci, purché garantiscano che nulla cambierà, in eterno.

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