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Il dolore di Concita

Agosto 22, 20220

Concita è indignata, proprio indignata. E quando s’indigna chi la ferma? Oggi se la prende con il Pd e con Azione. Perché, malati di misoginia, non hanno avuto il coraggio di candidare alla guida del prossimo governo, o quanto meno scegliere come frontwoman, due donne. Le uniche che avrebbero potuto contrastare Giorgia Meloni. Perché, come lei, sono – a suo parere – <ambiziose e ostinate>. Trattasi di Elly Schlein, del Pd, e di Mara Carfagna, di Azione. Io la ricordo come berlusconiana per anni di stretta osservanza, ma tant’è, tutto fa brodo.

Per questa occasione perduta Concita  De Gregorio soffre. Un dolore che su “Repubblica” merita due pagine di piombo al fiele. Si potrebbe pensare a una sortita femminista, ma non è così. Per Concita le donne non sono tutte uguali. Basta con la retorica: <ce ne sono di intelligenti e di idiote, di generose e avide, di corrotte e di integre, di coraggiose e di pavide>. Un’illuminazione. Quando soffre, Concita dà il meglio di sé. Si lascia andare: <ci sono, nel mondo della politica, Sanna Marin e Sarah Palin: ditemi voi cosa hanno in comune oltre a quel che non si può dire>. Già, che cosa?

Il pezzo è intitolato La sinistra, le donne e la lezione di Meloni”. Mi dico, metti il caso che Concita ci ha ripensato? Che avrebbe preferito Schlein o Carfagna, ma ammette che la Meloni è brava e si merita quel che potrebbe ottenere? Mi avrebbe sorpreso, perché il 28 giugno scorso, dopo le amministrative, aveva scritto – sempre su “Repubblica” – un pezzo intitolato “Meloni, l’imperatrice dei sondaggi prigioniera del suo passato”. Scriveva, Concita, che Meloni <Perde nelle elezioni locali perché il voto nelle città è la cartina di tornasole della fiducia delle persone non nei leader di partito, ma nei candidati sul posto, appunto. Che sono il cognato della tua migliore amica, la maestra di boxe di tua figlia, quello che una volta mise la foto di un culo nudo in zoom, il tipo di CasaPound che ha preso a botte tuo nipote e l’ha fatta franca, ma tu lo sai che è stato lui. Li conosci, insomma. Sai molto bene chi sono e alla fine – se non sei proprio un militante di quella falange – preferisci di no>.
E ancora: <Alle sue spalle ci sono i fascisti, vecchi e nuovi>. <L’atlantismo non basta. Non basta la ola di Confindustria, che sta sempre con chi vince>. <Come problema supplementare Giorgia Meloni ha quello che dietro alle sue spalle – a quelle dei suoi candidati consiglieri comunali – non c’è propriamente il niente, o una pletora di vecchi ex Dc di provincia privi di miglior imbarco>. Invece nel Pd e dintorni i vecchi democristiani di sesta/settima fila sono trasparenti…
Mi dico, Concita ha capito qualcosa di nuovo. E invece no. Perché scrive: <Giorgia Meloni si è affermata in un mondo – dentro un’idea di mondo – dove le donne sono mogli e madri, servono principalmente a riprodursi: a produrre uomini che vadano in battaglia. Ancelle, vanto domestico>. Non c’è niente di nuovo, piuttosto di antico. Le donne sono buone solo se la pensano come Concita. Le altre meritano il rogo. La sua sinistra – mi perdoni Carfagna – è illuminata, bella, buona, salvo quando si appalesa misogina. Che strano. Come può essere misogina, se è illuminata? Ma a Concita chi glielo ha detto che il mondo del conservatori sia fatto in quel modo? La Concita furente in fondo diverte. Perché di quella “idea di mondo” nulla sa e nulla le interessa. Sguaina la spada e si ritrova circondata da misogini a casa sua. Progressisti a parole, misogini nei fatti. Insomma, sostanzialmente reazionari. Che dolore, Concita… mi rendo conto.
Poi, se la furente Concita leggesse anche il giornale per il quale scrive, magari scoprirebbe che il suo mondo illuminato è pieno zeppo anche di antisemiti, non solo di anti sionisti, qualcuno in più dei candidati dismessi in extremis. Glielo segnalo, un po’ nascosto, con un piccolo richiamo in prima: <I progressisti e il virus anti-israeliano>. Firmato da Enrico Franceschini il pezzo è, con titolo più esplicito, a pagina 27, in basso. Un po’ imbarazzato Franceschini ricorda che sì, è noto, è cosa antica. Cita il bel libro di Alessandra Tarquini La sinistra italiana e gli ebrei (il Mulino, 2019).
Peccato abbia dimenticato un libro ben precedente: La sinistra e gli ebrei in Italia (1967-1993), Corbaccio, 1995. Peccato, perché è firmato dall’attuale direttore di “Repubblica”, Maurizio Molinari. Fu molto istruttivo, all’epoca.

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