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Anni Settanta?

Marzo 5, 20232

Roma, febbraio 1975. Le strade erano ancora vuote. Poche auto. Poca gente. Il clima era plumbeo. Molto lentamente si stava uscendo dall’austerity provocata dallo shock petrolifero di fine 1973. Il 6  ottobre, quell’anno, nel giorno sacro di Yom Kippur, Giorno dell’Espiazione, l’Egitto attaccò Israele dal Sinai, la Siria dal Golan. Io speravo che Israele riuscisse a resistere. Vinse. Ma i paesi arabi dell’Opec contrassero le esportazioni di petrolio e il prezzo aumentò immediatamente del 25%.
Per l’Italia fu un disastro. Fino al gennaio del 1975. Presidente del Consiglio, Mariano Rumor varò un piano d’emergenza per ridurre i consumi. Le auto non potevano circolare la domenica, si andava in bicicletta, non di quelle a batteria, a pedalata assistita, come si dice oggi. L’illuminazione stradale fu ridotta drasticamente, le insegne dei negozi furono spente, cinema e teatri anticiparono la chiusura serale, i programmi televisivi, ancora in bianco e nero, terminarono a mezzanotte. Il Tg1 fu anticipato dalle 20.30 alle 20. A seguire c’era Carosello. Prima dello shock, la benzina normale per la mia Cinquecento blu costava 120 lire al litro. Dopo schizzò a 300 lire. Troppe, per me. La vita andava avanti, come sempre, ma furono anni tristi, difficili.

Quel febbraio 1975, dunque. 15 febbraio 1975, per la precisione. Sul “Corriere della Sera”, diretto da Piero Ottone, che i Crespi scelsero al posto del troppo moderato Giovanni Spadolini, Antonio Padellaro scrisse un pezzo di cronaca sulle elezioni universitarie. Titolo “L’affluenza alle urne negli atenei supera le previsioni della vigilia”. Su Roma aggiunge un dettaglio: <dato rilevante, estremamente negativo di queste elezioni è costituito dalla violenza intimidatrice messa in atto da alcuni gruppi dell’ultrasinistra. Anche oggi [14 febbraio] all’università di Roma si sono contate numerosi aggressioni di studenti, quasi tutti di estrema destra>. Aggressioni contro, intendeva. Uno di quegli studenti di destra – di “estrema” lo dice Padellaro – ero io. Da un paio di mesi ero tornato a Roma, finito il servizio militare a Trieste come sottotenente di complemento, e avevo ripreso a frequentare la mia facoltà di Scienze Politiche. E andai a votare, con un amico, per il Fuan Caravella. Entrammo  dall’ingresso principale, nell’allora piazzale delle Scienze, poi intitolato ad Aldo Moro. Votammo. Ritornando sui nostri passi, sotto la facoltà di Fisica ci circondarono in una ventina. Ricorremmo a un medico amico. Solo molto tempo dopo ho capito. Il sistema era semplice. Mettevi la scheda nell’urna. Il presidente di seggio la recuperava subito, controllava e dava “disposizioni”. Il clima era quello.

L’episodio mi è tornato in mentre – 48 anni dopo – leggendo le cronache di questi giorni. Le cronache sui fatti di Firenze, ma anche su quelli di Bologna di un anno fa. A Firenze giovani di destra avrebbero aggredito quelli di sinistra di fronte a un liceo. A Bologna il contrario. A Bologna la magistratura sembra aver individuato gli aggressori. A Firenze vedremo. Ma intanto, a Firenze, il “nuovo” Pd è sceso in piazza, con un corteo affollato, nel quale sono risuonati slogan antichi, compreso “uccidere un fascista non è un reato”. Intanto, a Milano, le effigi di Meloni e Valditara sono state affisse a testa in giù. E a Torino gruppi di anarchici hanno scatenato il caos per il caso Cospito. 

Il clima torna a essere quello? Quello della contrapposizione violenta? Quel clima non mi piaceva allora, e non mi piace oggi. Chiunque siano, i responsabili di aver acceso la miccia dello scontro hanno sbagliato e devono essere perseguiti. Non sto facendo la vittima a posteriori. Fare politica, prima, durante e dopo il 1968, comportava anche lo scontro fisico. Talvolta le prendevi, talvolta le davi. Il primo marzo scorso è stato il 55esimo anniversario della “battaglia di Valle Giulia”. Lo scontro tra Celere e Movimento Studentesco, aiutato da una frangia di estrema destra. Paolo Pietrangeli, da poco scomparso, ne fece  una canzone, Valle Giulia, appunto: < Il primo marzo sì, me lo rammento / Saremo stati mille e cinquecento / E caricava giù la polizia / Ma gli studenti la cacciavan via / No alla scuola dei padroni! / Via il governo, dimissioni! / No alla classe dei padroni>. 

Non c’ero, quel giorno. Ma ne ho viste tante, dopo. Poi arrivarono le stragi, le Brigate Rosse, gli anni di piombo. La storia la conosciamo. Non è una bella storia. Ecco, non vorrei che si tornasse indietro, dopo due/tre/quattro generazioni. Non serve a niente, è stupido. E pericoloso. All’epoca persino a un cattolico moderato come Mariano Rumor si dava del fascista. E quello di Amintore Fanfani si chiamava fanfascismo. Il fascismo è morto da ottant’anni. Il comunismo resiste in Cina ma in versione dittatura socialcapitalista. Le guerre ci sono ancora. E purtroppo ci saranno sempre. Ma ricominciare con gli scontri di piazza no, per cortesia. È il tempo di provare a essere civili. Il confronto tra idee diverse è sempre possibile, necessario direi. Trasformarlo in confronto fisico no. Penso ai giovani, soprattutto. A quelli che usano il cellulare come arma impropria, e magari non sanno che anche i cellulari non sono più “rivoluzionari”. Sono nati quarant’anni fa. 1983. Motorola DYNATAC 8000X. Vecchi anch’essi. Solo banali strumenti per comunicare. E non vale la pena comprarli a rate. Meglio un libro di storia. Magari sui danni provocati dal clima di allora.

P.S.

Si parla di giovani. Ma giorni fa, sui social, ho notato la foto di una manifestazione “pacifista” contro la guerra in Ucraina, palesemente filorussa. Ma, a parte questo, la didascalia parlava di giovani in piazza. Nella foto si vedono ultra sessantenni col megafono. Il tempo che non passa. Una tristezza senza commento.

 

2 comments

  • Cesare Manfroni

    Marzo 5, 2023 at 5:41 pm

    Caro Gianni, aggiungerei anche le “agitazioni ” al tempo del Governo Tambroni ; mi sembra di essere tornati a quei tempi : a Roma dicono “nun ce vonno stà” con buona pace del diritto costituzionale che dovrebbe garantire il pluralismo e il rispetto della libertà di opinione , etc etc .
    Ovviamente la violenza fisica va sempre evitata e se avviene adeguatamente punita . La legge penale è uguale per tutti e va fatta rispettare . Tocca ai magistrati agire con rapidità e Perseguire i reati senza indulgenze per chicchessia !

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    • Gianni Scipione Rossi

      Marzo 5, 2023 at 5:56 pm

      Vero, si può ripensare all’epoca Tambroni, ma io non ne ho memoria …👍

      Reply

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