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Patriota

Marzo 16, 20230

Potrei cavarmela così, con poco, facendo mio quanto lo storico Ernesto Galli della Loggia ha risposto sul tema al “Resto del Carlino”: «È una sciocchezza, perché ritengo che se si facesse un referendum con questa domanda il 90% delle risposte sarebbe in questo senso. E in qualche modo è anche un atto di autolesionismo, dal momento che la sinistra ha sempre sostenuto il carattere innanzitutto patriottico della Resistenza. E di sicuro la Resistenza fu un movimento segnato profondamente dal patriottismo. Basta leggere Le ultime lettere dei condannati a morte della Resistenza, ossia dei partigiani». Punto. Condivido. Andiamo avanti. Ma ogni tanto ci ripenso a questo sgangherato dibattito pubblico.

Come si sa, la giunta comunale di Bologna ha deciso, su suggerimento della commissione toponomastica, che nelle targhe delle strade e delle piazze il termine patriota debba essere sostituito con quello di partigiano, o partigiana. Perché abbiano assunto questa scellerata decisione è oscuro. Forse perché la Meloni ci tiene a definirsi “patriota”? Peraltro, nell’Ottocento, prevaleva la versione “patriotta”. Ma la lingua si evolve. Lasciamo stare. È possibile che l’obiettivo sia quello di svalutare il termine. Un’idiozia, tra le tante. Non è con i cartelli stradali che si può fare politica.

C’è stato dunque un dibattito, vivace. Per lo storico Luca Alessandrini è una scelta sbagliata. Per un altro storico, Fulvio Cammarano, sarebbe meglio precisare “partigiano antifascista”. In effetti il termine partigiano qualche perplessità la suscita.

Prendiamo le definizioni di un vocabolario a caso, il Sabatini-Coletti. Patriota è «Chi ama la patria ed è perciò disposto a combattere e soffrire per essa: i p. del Risorgimento; nella Seconda Guerra Mondiale, partigiano, combattente della Resistenza». Dunque anche i partigiani. Come chiarisce la relativa definizione, ma in questo ordine: «1 – Che parteggia, che manca di equilibrio e obiettività. Sinonimi: parziale, fazioso. 2 – Dei partigiani, gruppi armati che combattono contro un governo dittatoriale o altrimenti ritenuto ingiusto; in partic., della Resistenza italiana e dei combattenti contro il nazifascismo nella seconda guerra mondiale».

Forse è meglio patriota. A Bologna c’è una strada intitolata a Eugenio Curiel. Triestino, ebreo, professore di fisica nell’Università di Padova, comunista, confinato a Ventotene, dopo la caduta del fascismo raggiunge Milano, entra in clandestinità e con Giancarlo Pajetta fonda il Fronte della gioventù per l’indipendenza nazionale e per la libertà. Il 24 febbraio 1945 viene riconosciuto e ucciso da una pattuglia delle Brigate Nere. Alla memoria viene insignito della medaglia d’oro al valor militare. Ebbene, nella targa Curiel viene definito patriota. Ho la sensazione che non si sarebbe offeso. Forse neppure della definizione partigiano antifascista. Ma probabilmente la considererebbe una questione di lana caprina.

Ma allora, mi si potrebbe obiettare, perché ti preoccupi tanto? Per fatto personale. Nel dopoguerra, a partire dal 1948, si cominciarono a registrare coloro che avevano preso parte alla Resistenza contro il nazifascismo. E si decise di istituire due categorie. Partigiano fu definito colui che aveva partecipato ad almeno tre azioni armate. Sotto le tre, si adottò la definizione di patriota. Magari aveva alle spalle una sola azione. Oppure era una staffetta. Perché le associazioni dei reduci decisero così mi lascia indifferente. In ogni caso si trattava di resistenti antinazifascisti.

Nell’elenco dell’Istituto Centrale degli Archivi c’è un signore di nome Tommaso Petroselli, definito patriota appartenente alla Giunta Militare di Viterbo per azioni partigiane. La scheda è incompleta. Volendo, si potrebbe specificare che quel patriota nacque a Viterbo nel 1887 e a Viterbo morì nel 1964. Paternità: Giovanni; maternità: Polidori, Emilia. Professione: avvocato. Quel Tommaso Petroselli era il fratello di mio nonno. Tecnicamente mio prozio. Per me bambino zio Tommaso. Per ragioni anagrafiche l’ho conosciuto bene. Era diventato cieco. Si sarebbe arrabbiato se lo avessimo definito non vedente. Parlava poco. Celibe, senza figli, voleva molto bene ai pronipoti. E io volevo bene a lui.

Il fratello Filippo, mio nonno, nelle vicende politiche e culturali viterbesi ha avuto maggior rilievo. Dunque lui una strada intitolata ce l’ha. Lo zio Tommaso no. Ma se ce l’avesse, come sarebbe definito? Patriota o partigiano? Io credo che avrebbe preferito patriota. Aveva combattuto nella Grande Guerra, sul Carso. Siccome era avvocato, gli toccò persino, pur malato, di difendere sul campo, nelle immediate retrovie, di fronte a un tribunale militare straordinario, 18 fanti accusati di diserzione. Ne scrisse, dopo, ancora moralmente provato: «Dei miei difesi, i soldati semplici furono condannati a vent’anni di carcere, i due graduati alla fucilazione immediata. Sentii mancarmi le forze, mentre invitati alla morte mi si gettarono al collo, implorando che presentassi istanza di grazia alla Regina. […] Il coraggio che mi aveva sostenuto fino a quel momento mi abbandonò, la febbre riprese il sopravvento e mi lasciai cadere a terra mentre i due continuavano ad implorare: poveri contadini, uno giovane di ventidue anni dalle belle sembianze sconvolte dal terrore, l’altro di trentacinque, padre di cinque figli».

È pesante la storia. Ebbene, mi verrebbe da chiedere alla commissione toponomastica e alla giunta comunale di Bologna, che cosa ne devo fare io di questa memoria che mi è cara? Della memoria di questo zio cieco che mi accarezzava per percepire il mio volto. Di questo oscuro signore cattolico, che amava l’Italia, per essa aveva combattuto, da non fascista aveva attraversato il ventennio e alla fine, da democristiano, si era rimesso in gioco? Patriota? Partigiano? Che cosa?

Dicono, a Bologna, che patrioti si ritenevano anche i repubblichini. Sì, è vero. Come i partigiani. È pesante la storia. Nella Valdossola la Brigata Matteotti fondò un giornale con la testata Il Patriota. Patrioti fu la testata scelta a Bologna da Giustizia e Libertà. E altre se ne potrebbero citare. Ma mi fermo qui. Dal Risorgimento in poi, patriota è chi ama la Patria. Lasciamo che i morti riposino in pace. Non ne facciamo oggetto di beghe politiche, ottanta anni dopo.

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