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Matteotti intellettuale “tradito”?

Marzo 1, 20240

Quasi cent’anni fa, il 10 giugno 1924, veniva rapito e ucciso Giacomo Matteotti, socialista riformista, deputato dal 1922, fieramente antifascista. Il suo cadavere fu trovato il 16 agosto. Oggi primo marzo, al Museo di Roma – Palazzo Braschi, si apre la mostra Giacomo Matteotti, vita e morte di un padre della democrazia, curata da Mauro Canali. Penso di andare a vederla.

A parte la mostra, era inevitabile che nel centenario la figura di Matteotti fosse riproposta da molti saggi, con tagli diversi, già usciti o in uscita. Segnalo, per ora, L’antifascista di Massimo L. Salvadori (Donzelli), Giacomo Matteotti di Federico Forrnero (Bollati Boringhieri), Matteotti e Mussolini di Mimmo Franzinelli (Mondadori), Il nemico di Mussolini di Marzio Breda e Stefano Caretti (Solferino). Al di là del dibattito storiografico su mandanti ed esecutori, e sulle conseguenze politiche dell’omicidio, volevo leggerne qualcuno, per capire come Matteotti può essere ricordato, come politico e come intellettuale, a un secolo di distanza dal suo sacrificio. Per capire se qualche analisi può superare l’infinita bibliografia esistente.

Da qualche parte si deve pur cominciare, e ho scelto L’oppositore. Matteotti contro il fascismo di Mirko Grasso, edito da Carocci. Fin dalle prime pagine l’autore assume un tono elegiaco. Ma questo era inevitabile. Il suo obiettivo, tuttavia, è sottrarre Matteotti  alla sorte di tutte le vittime, cioè di essere ricordate più come simboli che per il loro pensiero, la loro sostanza culturale e politica.

Infatti, nota l’autore, <l’uccisione barbara del deputato e proprio l’enorme eco suscitata in Italia e all’estero […] nonché la profonda influenza avuta sin da subito nell’immaginario popolare, artistico e intellettuale hanno contribuito a relegare la sua azione politica in secondo piano rispetto allo scontro con il fascismo che è stato figlio del suo intenso itinerario politico>. Insomma, si tratta di sottrarre Matteotti all’immaginetta da martirologio per recuperare la sua visione del socialismo riformista. Una prospettiva resa impossibile a causa dell’<influente ruolo nella cultura Italiana esercitato dalla maggioritaria vulgata comunista della storia dell’antifascismo>, che ha finito col <relegarlo in una dimensione astrattamente eroica e di vana resistenza al fascismo>. Per certi versi, dunque, il vero Matteotti sarebbe stato “tradito”.

Come approccio è interessante. Ma sono un po’ sconcertato da un paio di annotazioni superficiali, diciamo così. Perché, secondo Grasso, Matteotti sarebbe stato attento <ai nuovi mezzi di diffusione mediatica della propaganda che Mussolini utilizza> e capace di denunciare il <fallimento delle politiche economiche del regime>, oltre che le violenze fasciste.

Matteotti, come si è detto, è stato assassinato il 10 giugno 1924, a poco più di un anno e mezzo dalla marcia su Roma del 28 ottobre 1922 e dal primo governo guidato da Mussolini, nato 3 giorni dopo, sostenuto, oltre che dal Partito Fascista, dai nazionalisti, dal Partito Popolare, da Democrazia Sociale e dal Partito Liberale, con un esponente salandrino e uno giolittiano. Per ora si tratta di una maggioranza parlamentare democratica, come da Statuto.
Di regime si può parlare dopo il discorso mussoliniano del 3 gennaio 1925, derivato proprio dalla crisi innescata dal caso Matteotti.
Il discorso in Parlamento in cui il capo del Governo disse: <assumo (io solo!) la responsabilità (politica! morale! storica!) di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il Fascismo non è stato che olio di ricino e manganello e non invece una superba passione della migliore gioventù italiana, a me la colpa!> Quel giorno comincia a prendere corpo la dittatura.
E’ certo l’autore che si possa, prima, parlare di politiche economiche fallimentari del “regime”?

Quanto ai nuovi strumenti di propaganda, a che cosa si riferisce? I comizi? I giornali? Altro non c’era. Comizi, giornali, manifesti, volantini non erano prerogative fasciste. Li usavano tutti. Si riferisce forse alla radio? Ma le trasmissioni radiofoniche dell’URI (poi EIAR) cominciano il 27 agosto 1924, con una diffusione modestissima. Ci vorranno anni per la diffusione massiva del nuovo “strumento”, ma certo il povero Matteotti non avrà possibilità di conoscerlo né di comprenderne le potenzialità. Uomo dell’Ottocento le comprese poco anche Mussolini.

Finirò di leggere il saggio, per carità, ma spero di trovare di meglio.

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