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1944. L’Armée, non solo “marocchinate”

Febbraio 26, 20250

«Cittadino generale, il Direttorio esecutivo è convinto che per voi la gloria delle belle arti e quella dell’armata ai vostri ordini siano inscindibili. L’Italia deve all’arte la maggior parte delle sue ricchezze e della sua fama; ma è venuto il momento di trasferirne il regno in Francia, per consolidare e abbellire il regno della libertà”. Cominciò così, con l’ordine impartito dal Direttorio a Napoleone Bonaparte, che nel 1796 guidava la Campagna d’Italia della Francia rivoluzionaria. Cominciò la vasta “spoliazione” – un furto, per dirla chiara – delle opere d’arte italiane.

Nella seconda guerra mondiale, ci pensò Hermann Göring, per conto di Hitler, ma a anche per conto suo, ad emulare Napoleone. Soprattutto in Francia ma anche nell’Italia occupata dopo l’8 settembre 1943. La sua collezione privata sembra sia arrivata a contare 1376 opere: Tiziano, Tintoretto, Rubens, Rembrandt e Dürer, senza dimenticare l’arte contemporanea, nonostante nel Reich fosse considerata “degenerata”. Le opere della Galleria Nazionale d’arte moderna si salvarono, anche dai bombardamenti, solo grazie all’ingegno della direttrice Palma Bucarelli.

Ma il furto di opere d’arte deve essere una fissazione soprattutto francese. Almeno secondo quanto risulta da un’indagine del ricercatore Emiliano Ciotti, presidente dell’Associazione nazionale vittime delle marocchinate. Già qualche hanno fa aveva individuato il furto di sei Picasso a Sessa Aurunca, all’epoca in provincia di Napoli. Approfondendo la ricerca, Ciotti ha scoperto – grazie a un documento inedito – che dal museo di Sessa Aurunca sono stati trafugati nel 1944 oltre 200 reperti archeologici. Si poteva pensare a una razzia delle truppe tedesca in ritirata dopo le Quattro Giornate di Napoli, l’insurrezione popolare che, dal 27 al 30 settembre 1943 costrinse la Wehrmacht a lasciare la città, poi occupata dagli Alleati.

Alphonse Juin

Il furto, invece, è da attribuire a truppe francesi, forse senza che vi fosse un ordine dall’alto. Ma è anche possibile che sia stato commissionato ai soldati dai comandanti. Non stupirebbe. La razzia si deve, comunque, a reparti del Corpo di Spedizione francese in Italia. La lista, ritrovata, delle opere rubate contiene teste marmoree, statuette, terrecotte, bronzi, monete dell’età repubblicana e imperiale, coppe, piatti, boccali, vasi, lucerne, pugnali in ferro. Difficile capire dove possano essere finiti i reperti rubati. Probabilmente sul mercato nero. Ormai sono introvabile. Resta il danno per il patrimonio culturale italiano.

Chiedersi perché le truppe francesi si siano comportate così sarebbe ingenuo. L’esercito della Francia libera era composto essenzialmente da militari dell’Armée d’Afrique operativa nelle colonie, comandata  dal generale Alphonse Juin. I soldati erano in maggioranza marocchini e algerini. E sono rimasti “famosi” per ben altro, per quelle che furono chiamate “marocchinate”.

Nelle sue memorie l’ufficiale dell’Intelligence britannica di stanza a Napoli Norman Lewis ricorda: <Tutte le donne di Pratica, Pofi, Isoletta, Supino e Morolo sono state violentare… A Lenona il 21 maggio hanno stuprato cinquanta donne, e siccome non ce n’erano abbastanza per tutti hanno violentato anche i bambini e i vecchi. I marocchini di solito aggrediscono le donne in due – uno ha un rapporto normale, mentre l’altro la sodomizza> [N. Lewis, Napoli ‘44, Adelphi 1993].

Le marocchinate si sono tragicamente ripetute mentre l’Armée risaliva la penisola, in Ciociaria, nella campagna romana, nel Viterbese, in Maremma, nel senese, fino a quando, grazie alle proteste di papa Pio II con Charles De Gaulle, l’Armée è stata ritirata dall’Italia e trasferita sul fronte tedesco.

Alberto Moravia, dopo l’8 settembre, lasciò Roma con la moglie Elsa Morante e si rifugiò nel paesino di Sant’Agata, all’epoca provincia di Littoria. Fu dunque testimone della tragedia, che nel 1957 narrò nel romanzo La ciociara. Nel 1960 Vittorio De Sica ne trasse l’omonimo capolavoro cinematografico. Chi non ricorda il dolore di Cesira (Sophia Loren) e della figlia Rossetta (Eleonora Brown) violentate dai goumier marocchini?

Nel romanzo l’angoscia di Cesira: “Adesso lui mi stava sopra; e io mi dibattevo con le mani e con le gambe; e lui sempre mi teneva fissa la testa a terra contro il pavimento, tirandomi i capelli con una mano; e intanto sentivo che con l’altra andava alla veste e me la tirava su verso la pancia e poi andava tra le gambe; e tutto a un tratto gridai di nuovo, ma di dolore, perché lui mi aveva acchiappato per il pelo con la stessa forza con la quale mi tirava i capelli per tenermi ferma la testa”.

Il furto di Sessa Aurunca, in fondo, è un episodio banale rispetto alle marocchinate. Un dettaglio insignificante. Napoleone è Göring sapevano rubare di meglio. Però è bene conoscerlo, per comprendere che cosa fosse l’Armée e la sofferenza di una popolazione vittima di una guerra sbagliata. Il furto di reperti archeologici si può dimenticare, persino perdonare. Migliaia di stupri mai.

 

Pubblicato anche su “The Social Post”:

https://www.thesocialpost.it/2025/02/26/da-napoleone-in-poi-il-vizio-francese-di-rubare-larte-italiana/

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